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Potrei leggere.
Potrei uscire - anzi, dovrei proprio uscire a fare la spesa.
Potrei dormire.
Potrei coricarmi sul divano a guardare la televisione per ore.
Potrei non pensare a nulla.
Potrei telefonare - ma alcune delle amiche che chiamo di solito le ho già sentite, e quindi questa carta non la posso più giocare.
Potrei fare un po' di cose, insomma. Ma la mia volontà si rifiuta.
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(...)
Perchè mi ricorda di quand'ero tredicenne. E della passione che ho avuto per la sua musica. Perchè mi ricorda delle mie inizzializzazioni ai concerti. Mi ricorda la terza media. Mi ricorda il ragazzo che avevo all'epoca, che arrivò in bici sotto casa mia, la sera prima di uno di quei primi concerti, per salutarmi; dato che il giorno dopo non ci saremmo visti. Mi ricorda anche l'estate. Mi ricorda un'amica che ho perso (che ha voluto perdermi, e che non ha fatto abbastanza per ritrovarmi*). Mi ricorda che si poteva essere ingenui e felici per poco. Mi ricorda le musicassette. E i pomeriggi al sole, su una panchina. Mi ricorda il coprifuoco alle 19, 30 prima di cena; e alle 23, 30 dopo cena. Mi ricorda i tornei di calcetto. I volti all'insù per guardare le stelle del cielo di Acceglio. L'ultima sera intorno al falò. Le lacrime per aver conosciuto qualcuno che mi aveva fatto stare bene. Il sole in mezzo alla primavera e l'estate. Il primo viaggio in treno da sola. I sorrisi. Mi ricorda che si cambia. POi si cambia. E si può solo ricordare come si era.
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Dopo poco mi vedo arrivare su quella pista bianca Evgeni Plushenko, che comincia a girare in mille piroette, a saltare, a danzare, accompagnato dal suono di uno degli otto Stradivari rimanenti al mondo. Ed era tutto così... wow! Non mi viene in mente un'altra parola per esprimere quella bravura, quella capacità di andare contro a quelle forze fisiche che farebbero sbattere il culo a terra a qualsiasi altro essere umano non alla stessa altezza.
E tenere le mani dietro la schiena, perchè non c'è bisogno di alcun appiglio; non ce n'è bisogno affatto.
E scivolare...
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Il treno è un intercity, forse addirittura un intercity plus... E questa è un'altra eccezione. Ma oggi è sabato, è stata una bella giornata, e me lo posso anche permettere. Posto prenotato. Carrozza n°6. E' l'ultima carrozza in fondo. Volgo lo sguardo ancora una volta verso sinistra, all'inizio del binario, dove Franci, prima di andare via - ma già in procinto di - mi ha urlato un "ti voglio bene". E poi salgo.
Ora il treno ha appena lasciato la stazione. Ciao Torino, alla prossima.
Stamattina ho passato un paio d'ore in biblioteca, ma senza concludere quasi nulla. Non sapevo esattamente cosa cercare e il tempo a disposizione era limitato. Sono uscita di lì solo con qualche titolo e con la ferma convinzione che dovrò tornare un giorno che non sia il sesto della settimana, per avere la possibilità di usufruire di una copisteria aperta, e di una stampante collegata con i terminali della biblioteca, per stampare ciò che non è disponibile in formato cartaceo.
Palazzo Nuovo è semideserto ed aleggia una calma surreale per un atrio che, almeno fino al giovedì, è calpestato senza tregua da innumerevoli studenti. E' una calma bella, ma proprio per questo mi infonde un po' di nostalgia per quel rumore da pausa caffè durante le lezioni cui non sono più abituata da qualche mese.
Finito di mangiare, io e Ele ci spostiamo al Caffè di Roma, dove ci raggiunge Franci. Rimaniamo a bere un caffè, finchè giunge il momento di dare inizio al nostro pellegrinaggio in onore di Giancarlo. L'aria è leggera, come le nostre risate e i nostri pensieri.
Via Po e Via Roma son cariche di gente. Tanto che non sempre riusciamo a rimanere in tre, l'una di fianco alle altre. La calca, talvolta, richiede di camminare in fila semi-indiana. Ma poi ci ricongiungiamo. Sempre. Prima di separarci, ancora un giro in libreria, in Piazza CLN. Franci ricorda di quando qui aveva visto Andrea Pezzi. E io ricordo di una delle varie volte in cui ho assistito alla presentazione di uno dei libri di Culicchia. Franci compra un cd e un libro ("La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano, che consigliamo molto per la foto dell'autore presente nella terza di copertina...), e fuori di lì salutiamo Elena. Rimaniamo noi due, che ci dirigiamo in stazione. E nel frattempo io mi godo ancora quest'allegria, la spensieratezza di quando sono con Fra, che non mi abbandona nemmeno quando siamo ferme al passaggio pedonale davanti Porta Nuova; nemmeno in coda per fare il biglietto. Rimane sospesa nel tempo quando Fra mi saluta, per poi allontanarsi insieme al tramonto dal binario dove sosta il mio treno. Ciao spensieratezza. Anche con te ci vediamo alla prossima.
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