i miei pensieri, nell'etere
mercoledì 30 luglio 2008
Certe canzoni ti fanno ricordare alcuni angoli del mondo
... e del cuore. E.
Stasera, la mia canzone è questa.



... We've all been changed from what we were...

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martedì 29 luglio 2008
Headache
Giornata lunga, oggi.
Dopo 5 ore di ricerche bibliografiche e fotocopie in biblioteca, prendo un treno stremata dal caldo, da una strage di crema gettatasi dal mio panino falafel e atterrata sui miei jeans (non sono stata in grado di prevenirne il suicidio) e da un mal di testa terrificante. Che non mi abbandona e che decide di fare gli straordinari, durando dalle 16,30 - quando ha iniziato a minacciare la propria presenza - fino alle 21. Ma tuttora non sono completamente convinta della sua completa arresa.
Il mal di testa, ed i mali fisici in generale, sono strani, a volte. Perché il dolore fa innervosire, ed il nervoso fa pensare, e il pensiero si posa in luoghi e su persone che si farebbe meglio a evitare. Oggi il mio pensiero si è posato sui ricci di mare. Sui ricci di mare mentre si muovono sinuosi all'interno del secchiello pieno d'acqua di me bambina. E questo crea scombussolamento. E lo scombussolamento fa aumentare il mal di testa.

Mia mamma dice che ognuno ha i propri dolori e che i dolori vanno elaborati. Bisogna dar loro il tempo di essere elaborati. Mia mamma dice anche che sono grande e che devo fare l'abitudine a certe cose; che le devo superare.
Io, a modo mio, riordino il concetto. E dico che ognuno ha i propri ricci di mare. Che per alcuni non saranno ricci, ma saranno... una bici, un cibo, un modo di sentirsi raccontare le cose, un luogo. Sono tutte varianti dei miei ricci di mare. Bisogna solo rigettarli in acqua. Così il mal di testa passerà. Ma bisogna anche avere la consapevolezza che, di tanto in tanto, quei ricci di mare ritorneranno lì, all'interno di quel secchiello, a nuotare sinuosamente davanti ai propri occhi. Bisogna solo accettarlo. E non permettere ai loro aculei di stuzzicare troppo le tempie, che altrimenti il mal di testa non passa più.
Per stasera, ad ogni modo, posso affermare quasi con certezza di aver lasciato tornare i ricci dentro al mare. Ora si saranno attaccati a qualche scoglio, e staranno lì, per un po'; tranquilli.
Per stasera posso affermare quasi con certezza di aver trovato la soluzione al mal di testa. Ma non l'ho trovata tanto nel Moment. No. L'ho trovata dentro la vasca, nell'acqua tiepida che ha accolto il mio corpo e nel panno umido che ha dato sollievo ai miei occhi stanchi. E poi, più tardi, l'ho trovata nelle melanzane impanate di mia mamma. Un po' pesanti? Eh, forse un po' sì. Ma stasera nulla sarebbe stato in grado di fornire una soluzione al mio mal di testa e ai miei ricci di mare quanto le melanzane di mia mamma. Nulla.

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domenica 27 luglio 2008
La "donna" della domenica
Tutte le domeniche dovrebbero essere così. Con un amico che non si limita a porgerti il suo fazzoletto in stoffa quando tu hai finito quelli in carta e il tuo naso ne ha bisogno, ma che te lo regala, proprio. Perché una qualche credenza popolare dice di non accettare che il proprio fazzoletto venga restituito (una volta lavato) dalla persona cui lo si era prestato. Forse perché porta male, non so. Fatto sta che tutte le domeniche dovrebbero essere così, con un amico cui non interessa di privarsi del proprio fazzoletto in stoffa, perché tu ne hai bisogno.
Tutte le domeniche dovrebbero giungere al tramonto trovando un amico che ti fa il favore di venirti a prendere in stazione e di portarti a casa, quando tu arrivi con il treno, ma sei sprovvisto del mezzo che ti permetterà di giungere fino allo zerbino del tuo domicilio. Tutte le domeniche sarebbero più piacevoli se quell'amico, oltre a farti il favore di portarti a casa in macchina, si facesse trovare anche sul binario, con in mano una bottiglietta d'acqua fresca perchè "ho pensato che potessi avere sete".
Tutte le domeniche dovrebbero avere Torino, ma non per limitarsi a fornirti uno sfondo gradevole, ma per farti compagnia in ogni momento della giornata, come se fosse una persona in carne ed ossa, come se fosse un'amica. O, meglio, come se fosse un'amante. Che sta lì, in silenzio, e fa parlare te, ma permette che tu la viva, che tu la respiri, che tu la tocchi, che tu goda delle sue forme.
Tutte le domeniche dovrebbero essere esattamente così.


Ed oggi Torino è stata sole. E' stata la gente nel centro e altrove. E' stata camminare. E' stata sudore. E' stata vedere la città dall'alto per la prima volta. E' stata il gioire come un bambino per questo. E' stata l'assenza della presenza umana delle partenze estive. E' stata l'atmosfera sublime del silenzio in Piazza Maria teresa. E' stata sentirsi dire: "Ormai tu appartieni a Torino". Davvero? Davvero appartengo a Torino come da lungo lei appartiene a me?! Sì, voglio credere di si.
Torino, oggi, è stata mia.

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sabato 26 luglio 2008
Darling, stand by me
Allunga una mano verso l'altra metà del letto. Pare che non ci sia nessuno a colmare quel vuoto, ma lo stato di alterazione mentale dovuto al sonno è tale che la mano rimane lì dov'è, mentre la testa si gira a cercare una posizione adatta per dare continuazione al riposo e ritardare il più possibile l'apertura degli occhi.
Dopo un periodo di tempo imprecisato - due ore, ma potrebbero essere anche due minuti - Miss I concede alle palpebre di tirarsi su. E' sudata ed avverte una sensazione di storidimento. Le manca qualcosa. Qualcuno. Le manca Mr U.
Si precipita in cucina. Ha bisogno di acqua. Ed ha bisogno di uscire dalla solitudine della penombra della sua camera da letto. Ha bisogno di aprire la finestra e trovare i rumori della strada e dei passanti e di qualunque cosa che abbia voglia di farle inconsapevolmente compagnia. Si precipita in cucina e, una volta giunta lì, si blocca di fronte al tavolo da pranzo. Lui è lì. Mr U è lì. Sta affettando delle fragole e, man mano che le affetta, le getta dentro una coppetta in vetro che contiene già mirtilli, pesche e albicocche in pezzi. Quando Mr U si accorge della presenza di Miss I volge il capo verso di lei, continuando ad affettare le fragole.
- Ehi, - le dice, sorridendo - ben svegliata. Scusa - le dice volgendo di tanto in tanto il capo dal suo volto imbronciato alle fragole che sta tagliando, - scusa se non ero accanto a te nel momento in cui ti sei svegliata, ma pensavo che ti avrebbe fatto piacere trovare un po' di frutta fresca da mangiare. Fa molto caldo, questo pomeriggio.
Miss I vorrebbe dirgli di non farlo più, di non permettersi mai più di lasciarla sola dentro ad un letto, che sia di notte o che sia di giorno. Vorrebbe dirgli di non lasciarla più sola, che un istante o una vita intera senza di lui non fanno differenza per avvertire la sua mancanza. Vorrebbe dirgli "Ti voglio bene", ma se ne vergogna. E vorrebbe essere più lucida e sicuramente meno sudata per fare quello che sta per fare; per abbracciarlo e stringerlo forte mentre tutto quello che riesce a dirgli è solo "Grazie".
Mr U accoglie volentieri il suo abbraccio. E mentre la tiene a sè, lo dice. Anche lui se ne vergogna e forse anche più di lei. Ma ha tanta voglia di dirglielo.
- Ti voglio bene.


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giovedì 24 luglio 2008
Ed è(x) così
Sono le 13.30 e dopo un breve pranzo e il solito giro alla Feltri mi accingo a ritornare in ufficio.
Sto concentrando la mia attenzione su quella lavagnetta esposta fuori da uno dei vari bar che incontro lungo la strada; lavagnetta che ha sù scritto un entusiasta Agosto aperto!, quando vedo fermarsi vicino ai miei piedi un ragazzo in bici. Io faccio per andarmene, ma mi blocco, perché mi rivolge un ciao, seguito dal mio nome, seguito a sua volta da un punto esclamativo. Io faccio per andarmene perché, sì, si è fermato vicino ai miei piedi, ma io non l'ho ancora razionalizzato. Faccio per andarmene perché credo che sia qualcuno che mi conosce e che mi saluta, ma credo anche che sfreccerà via con la sua bici prima ch'io faccia in tempo a capire chi sia.
E invece abbassa gli occhiali da sole. Ed è lì che lo riconosco. La mia bocca, prima ancora che il mio cervello ne prenda atto, pronuncia il suo nome, seguito da un punto esclamativo, seguito a sua volta da un "Non ti avevo proprio riconosciuto!". E giusto un momento prima avevo incontrato la mia immagine su di una vetrina, ed avevo pensato una serie di cose il risultato delle quali era, in pratica, un non mi piaccio. E questo è un peccato. Perché credo che tutti vorrebbero piacersi, in generale, e piacersi quando incontrano un ex, in particolare.
Noto che lui è abbronzato, forse anche un po' ingrassato, e si è fatto crescere i capelli. Nel complesso lo trovo un po' trasandato. Però trovo anche che mi piacciano quei capelli, così. Più lunghi. E mossi. Gli occhi, invece, sono sempre quelli. Quell'azzurro che si abbraccia col grigio. Puoi anche non riconoscere una persona per tante cose, perché è cambiato il suo aspetto. Ma non si può non riconoscerla dagli occhi. Gli occhi svelano ogni verità.
Ci mettiamo a parlare. Di tutto. Dei nostri lavori. Dei nostri studi. Di ciò che ci piace (scrivere, in un caso; recitare, nell'altro). Delle vacanze. Di come il trascorrere piatto e uguale a se stesso dei giorni possa non trovare una fine. E' un parlare piacevole e senza silenziose associazioni mentali a quello che, per poco, siamo stati; nè al modo che abbiamo avuto per slegare le bostre vite.
Ad essere sincera, però, mentre parliamo mi pongo due domande. Se fosse ora, se le nostre vite s'incontrassero ora e non quando realmente è stato, io penserei a lui in quel modo? (Forse no). E se fosse non per ciò che fa battere il cuore, ma per la spalla che sa porgerti un amico, vorrei avere la sua spalla per appoggiarmici? (Forse sì. Sono debole se ammetto che non mi dispiacerebbe averlo come amico?).
Parliamo ancora, e nel mentre gira la bici per accompagnarmi al lavoro. Non mi viene nemmeno di pensare a quello che posso dire per colmare i silenzi, perché di silenzi non ce ne sono, e il dire mi viene spontaneo. Penso, ora, che sarebbe bello se potesse essere sempre così e con tutti. Penso, ora, che senza rancori nè rimorsi verso le persone ci si senta molto più leggeri.
Un saluto e un quasi abbraccio. E questa è una tiepida giornata di luglio che ha tutta l'aria di avere la quiete tipica dell'estate.


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mercoledì 23 luglio 2008
Le cose belle della vita
Capitano quando meno te lo aspetti. Quando sei lì che non pensi a nulla. O quando sei lì che stai pensando al mondo intero.
Le cose belle della vita capitano quando sei di fretta, non quando stai lì a guardare in fondo alla strada che arrivino. Posson capitare mentre stai scegliendo cosa comprare al supermercato. O possono essere semplicemente un pensiero che entra dal finestrino di un treno accompagnato dal sole caldo della sera; un pensiero che ti si va a posare sul labbro superiore, come farebbe il bacio rubato di uno sconosciuto.
Le cose belle della vita capitano, prima o poi. Quindi non perdere tempo ad incazzarti, perché è solo tempo sprecato. Non pensare ai soldi. Non pensare alle corse fatte. Non pensare alla sveglia presto. Non pensare all'attesa. Non pensare al sudore. E' più forte di te, il nervoso è più forte di te. Ma non servirà a niente, oggi. E non servirà a niente domani.
Domani. Domani. Domani sarà migliore. No?! Non ci credi? Eppure questo non è ottimismo. Questo è pessimismo allo stato puro. E' il pessimismo di chi pensa che non succederà proprio nulla, ma nulla che sia nulla. Ed è proprio perché si pensa questo. Che un giorno. Arriverà. Una di quelle cose belle. Le cose belle della vita.
Ma non te le aspettare. Stai lì dove sei e continua a fare quello che devi fare; non ci pensare. Un giorno una cosa bella arriverà, e tutto ciò che avrai da far sarà solo gustarne l'ottimo sapore.

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lunedì 21 luglio 2008
La si può definire recensione?!
Ho problemi di memoria, ultimamente. Dieci minuti fa, ma anche un'ora fa e oggi pomeriggio, sapevo esattamente come avrei voluto iniziare questo post. Ma ho tardato, a iniziarlo, perché avevo altre cose che mi premeva - e mi preme, tuttora - fare. Così ora non ricordo più, esattamente, come volessi iniziare. Eppure mi sembrava un buon inizio. Forse era all'incirca così.


E' tre giorni che mi perseguita il mal di testa. Credo di aver bisogno di dormire. Stamattina, se non mi avesse svegliato mia madre, avrei continuato a dormire fino al 2010. Ma forse il problema è che vado a dormire un po' troppo tardi in relazione alla sveglia che, durante la settimana, suona la prima volta alle 7. E' che ho cominciato ad entrare nella filosofia del carpe diem, e il diem, in questo specifico caso, è costituito dalla notte. Non notte inoltrata, no, però mi piace stare alzata almeno fino a mezznotte, o fino all'una. Per scrivere, per leggere, per cazzegiare in rete, per.
Adesso, ad esempio, avrei un po' di cose da correggere, e sono cose importanti, perché riguardano la mia tesi, e sono cose che avrei dovuto inviare alla mia relatrice entro - ops! - ieri. Sono in ritardo. Ma ho deciso di prendermi una pausa, perché avevo proprio voglia di scrivere. Ce l'avevo da stamattina. E l'aspettare troppo per farlo ha anche causato la perdita di memoria riguardo all'inizio che avrei voluto dare a questo pensiero. Pensiero che si sta perdendo nei meandri della mia mente, noto. Riprendiamo da dove avevamo interrotto, dunque.

Il mal di testa mi perseguita, e sono giorni di noia e di scazzo e di insoddisfazione (per il lavoro, la vita, e chissà che altro). Nel mio lavoro, purtroppo, ci sono parecchi tempi morti, e spesso è difficile farli trascorrere senza impazzire perché il tempo, al contrario di quello che vorrei io, non vuole proprio passare.
Così oggi, durante la pausa pranzo, sono andata da Feltrinelli (che nella mia città è un po' piccolina, ed è carente di titoli che io tenderei a reputare importanti, e che non mi piace nemmeno tanto, pensando ad altre librerie più originali e prive di marchi di franchising, ma da Feltrinelli ho la tessera ed è l'unica libreria ad essere aperta sempre e dico sempre), ed ho acquistato un libro. Che nelle successive ore di quello che avrebbedovutoesserelavoromanonloèstato mi ha salvato la vita.
Il libro in questione è Fight club, di Chuck Palahniuk.
Avevo visto il film, ma non avevo mai letto il libro. Raramente farei il contrario, di leggere il libro e poi guardare il film. Il film potrebbe rovinarmi il libro. Invece, se prima guardo il film e poi leggo il libro, beh, penso che il libro non potrà mai rovinare il film; tuttalpiù sarà di pari bellezza, o migliore.

In tre ore ho letto 100 pagine. Trovo che sia un libro bellissimo. Ma mi ha... mangiato il cervello. Trovo che sia un libro bellissimo, ma trovo anche che faccia andare fuori di testa. E trovo che un fight club sarebbe davvero utile a volte. Per sfogarti della noia, dello scazzo e dell'insoddisfazione (per il lavoro, la vita e chissà che altro). Perché "dopo una sera al fight club ogni cosa del mondo reale si ridimensiona. Niente può farti più incazzare".
E allora, chi vuole unirsi al fight club? Ricordate, però, che ha delle regole.

La prima regola del fight club è che non si parla del fight club.

La seconda regola del fight club è che non si parla del fight club.
La terza regola del fight club è che quando qualcuno dice basta o non reagisce più, anche se sta solo facendo finta, il combattimento è finito.
Solo due per ogni combattimento. Un combattimento per volta.
Quelli del fight club non sono quelli del mondo reale.

Sesta regola: niente camicia e niente scarpe.

E la settima regola è che se questa è la vostra prima sera al fight club dovete combattere.

Sono convinta che se le persone avessero un proprio fight club personale starebbero meglio. Un po' più... livide, forse. Ma sicuramente meno incazzate.
Come credo di saperlo?
Eh, semplice.
"Questo lo so perché lo sa Tyler".



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posted by buИCiA at 23:50 | Permalink | 10 comments
venerdì 18 luglio 2008
A volte capita
Capita di rimanere da soli in un posto. Di aver sperato di rimanerci, prima, e di non esserne più contenti, poi. Di aver voglia di parlare a qualcuno, di dirlo a qualcuno. Ma non sapere a chi (come al solito).
Capita di leggere su un giornale di una sparatoria. Di un nome che suona familiare. Di un ragazzo che da piccolo ha frequentato la tua stessa scuola, e anche la tua stessa compagnia, per un certo periodo. Un ragazzo che ti faceva ridere, e che abita vicino a te.
Capita di cercare di ricordare se quel cognome sia davvero il suo; se corrisponda proprio a quello che una volta è stato un gracile ragazzino. Semplicemente un ragazzino. E che poi è cresciuto. Ed è diventato alto, e un po' più muscoloso. E bello. E con più odio dentro gli occhi.
Capita di ricevere la conferma da un paio di persone. Si, quel cognome è proprio il suo. Ed è stato affiancato all'accusa di detenzione di arma da fuoco. E di tentato omicidio.
Capita che può esserci qualcosa che tocca la tua vita, ad un certo punto, e che te la rovina per sempre.
Capita che quel qualcosa arrivi a farti commettere un reato così. E che ti rovini la vita per sempre. Capita che a 25 anni ci si perda. E non ci si ritrovi più. Ma forse ci si era persi già prima.
Capita che quel reato sia veramente grave e che faccia parlare tutti e i luoghi comuni si sprecano, in questi casi.
Eppure capita anche che io, ora, pensi solo a quando passavi sotto casa mia e mi rivolgevi quel "Ciao Simo", che negli anni è andato cambiando. Non te l'ho più visto pronunciare con il sorriso. Non ti ho mai più visto sorridere.
Eppure capita che io ora mi ricordi esattamente di quella sera d'estate di dieci anni fa. Forse erano dieci anni fa. Quella sera d'estate in cui ci fermammo qui sotto a parlare. Con le nostre bici, o i nostri motorini. Con le stelle che illuminavano il buio fresco dei grilli innamorati. E noi che ridevamo. Si, ricordo che ridevamo.
Chissà? Magari, in qualche altra dimensione, capita che siamo ancora lì. Con me che dico di aspettarmi, mentre torno a casa a prendere ghiaccioli per tutti. E i nostri sorrisi giovani, che da quel qualcosa non erano ancora stati toccati.


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giovedì 17 luglio 2008
Arrivava via internet la sera
Giorni di un vuoto e di un solo... Due bicchieri possono risolvere le prime luci della sera, a volte. Ma non è una via di fuga sempre a portata di mano.
Anche l'allegria è precaria. Dura finchè il sorriso rimane aggrappato da sè. Finchè po' di parole rompono il silenzio. Poi giù di nuovo.
Strano come si possa riuscire a provare il peso e l'assenza di esso in un tempo così breve. E non in quest'ordine.

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martedì 15 luglio 2008
Ultime da qui
Mentre mangio lascio che le immagini della televisione mi propongano il palinsesto di Canale 5. Quando mangio a casa io, solitamente sono le 14. E a quell'ora il palinsesto di Canale 5 propone Beautiful. Non sono un'amante del genere, ma a volte lo guardo per vedere quale stramba o incestuosa avventura capita ai suoi protagonisti. La puntata odierna mi induce a convincermi sempre di più che gli sceneggiatori siano degli psicopatici. Che i protagonisti che si sono inventati siano degli psicopatici. E che, forse, anche chi segue questo tipo di programmi sia uno psicopatico (me compresa).
Mi concedo un po' di cazzeggio prima di iniziare a lavorare semiseriamente alla mia tesi. Osservo Gilda mentre sonnecchia tranquilla su un divano e penso che quasi quasi mi vado a coricare accanto a lei, per godere di un po' di riposo e di un po' di affetto canino. Però poi penso che, oltre alla tesi, ci sarebbe anche la cucina da sistemare... e che comunque dormire di pomeriggio, negli ultimi tempi, non mi fa bene. Perchè dormo troppo. Perchè perdo un sacco di tempo. E perchè succede che quando mi sveglio mi sento peggio che se non fossi andata a dormire. Ma un po' di coccole a Gilda non me le toglie nessuno. Proprio no.
Ascolto Redemption song di Bob Marley, prima, e Bye Bye Bombay degli Afterhours, dopo. Mi viene in mente che questa estate è ambigua. Non fa (troppo) caldo. Non mi tocca studiare fino a fine luglio come gli altri anni in cui avevo ancora degli esami da dare all'università. Lavoro, sì, ma non fino alle sette e mezza di sera in un negozio privo di aria condizionata come (di nuovo) ho fatto per un po' di estati. Non ho ancora mangiato un'anguria. Non ho ancora fatto il bagno in piscina o al mare. Non ho ancora trovato qualcuno che mi faccia battere il cuore.
Ascolto La Piazza dei Ministri. A volte è meglio farsi cercare che cercare. E questa canzone è bella, ma adesso non credo di essere dell'umore adatto per ascoltarla. E' solo che ora non so cosa ascoltare. Su iTunes ho 1.023 brani e non so cosa ascoltare.
Provo con I miss you dei Blink 182, cui sono piuttosto affezionata... ma anche piuttosto triste. Ne provo ancora qualcuna, ma no, niente. Concludo con Elvis dei New Puritans, ma non credo che l'ascolterò fino alla fine. Nemmeno questa. Mi ricorda giugno e un'atmosfera niente male. Ma adesso è luglio. Ed è come se quest'estate la stessi passando all'interno di una bolla di sapone. Tra sentimenti opposti ed ambivalenti. Speriamo solo che non scoppi.
E adesso stacco. Che il pensare troppo non fa giungere a nulla di buono.


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domenica 13 luglio 2008
80
Tanti auguri di buon compleanno, nonnina!
Ancora un'infinità di questi giorni.
Un'infinità.


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posted by buИCiA at 21:12 | Permalink | 6 comments
Non basta
Questa volta credo proprio di essermela tirata. L'avevo programmato da troppo tempo - da maggio - e lo stavo aspettando con troppa voglia. E come succede a volte quando aspetti qualcosa di bello bello, quel qualcosa di bello bello non arriva. E tu rimani lì, che ancora hai voglia di saltare e di ballare e. E invece niente.


Perché, alla fine, ieri sera il TTFF (Torino Traffic Free Festival) non c'è stato. O meglio, c'è stato, ma non per me.
Il tempo di arrivare a Torino e di constatare che, contrariamente a quanto talvolta mi sono ritrovata a pensare, anche la periferia di Torino mi piace. Il solo fatto di essere in zona torinese mi fa stare bene, quindi mi piace anche il qui della periferia.
Il tempo di parcheggiare e di dirigersi verso il Parco della Pellerina. E di fermarsi a prendere un panino. Ed ecco, è adesso che comincia a piovere. Ma è una pioggia estiva, potrebbe finire da un momento all'altro, no? No. In realtà, no. E continua, imperterrita. Continua e non è più solo pioggia, ora è fulmini e tuoni. Ora è il fermarsi sotto il tendone di un porcaro per cercare rifugio. Ora è continuare a sostare qui sotto, sperando che passi, ma continuando a mantenere quella preoccupazione per l'acqua che si mischia alla terra e diventa fango e in che condizioni sarà il prato sotto il palco? Eh, il palco. Il palco non lo vedo nemmeno. Non l'ho nemmeno visto. Perchè il temporale proprio non accenna a terminare ed un rivolo d'acqua sotto i miei piedi mi fa affondare un po' dentro la terra, sempre un po' di più, dato che ora il rivolo d'acqua diventa una pozzanghera, e sempre più vasta; sempre di più.
Il tempo di ragionare sul da farsi, che sotto questo tendone non possiamo rimanere ancora più di tanto, che già abbiamo le scarpe compromesse, tra poco la situazione peggiorerà.
Il tempo di buttarsi sotto la tempesta, e nel frattempo la strada che conduceva dentro il parco, verso il mio adorato concerto, è diventata un fiume in piena e ora non sono più solo i piedi. Ma sono anche i pantaloni, sono i capelli, sono le braccia e le mani, sono la schiena e il volto. E allora si deve correre. E siamo dentro a un parco con degli alberi, cazzo, e questi fulmini mi fanno paura. Corriamo, e c'è chi "Tanto ormai!" e schizza l'acqua delle pozzanghere verso i propri compagni d'avventura. Corriamo, e dalle casse dei porcari fuoriescono suoni diversi; stiamo correndo, ma i suoni facciamo in tempo a sentirli. Questo suono è reggae, e mi piace, e penso "Tanto ormai!" anche io. E allora perché non rallentare un po' la corsa e proseguire ballando? Si, ormai è come se mi fossi buttata dentro una vasca da bagno completamente vestita, quindi perché non ballare un po'? Sarebbe divertente ballare sotto la pioggia. Ma manca ancora della strada alla macchina e la pioggia è così forte... Il ballo dura poco.
Il tempo di dividerci, perché due andranno a recuperare la macchina e due aspetteranno, per quanto possibile, al riparo. Il tempo di saltare su e verificare che il tessuto bagnato addosso è veramente fastidioso. Il tempo di capire che giro dobbiamo fare per dirigerci verso la tangenziale. E quella che diventerà autostrada. Il tempo di imprecare, perché ce ne stiamo andando. E Torino finisce qua, stasera. Qua e così. Con un concerto mai visto. E con una città che non è stata vissuta a sufficienza. Perché Torino, stasera, non basta. Non è bastata. E' durata troppo poco.


E ci sono un po' di frasi che mi rimangono qua... Sono quelle che volevo sentire cantare da Manuel. Cazzo, io volevo sentire cantare Manuel!! Volevo sentirgli cantare:


... Non sarebbe bello venire a rincontrati
Senza aver paura di non ritrovarci mai?...


...Ma fra di noi c'è un segreto che non so
E' la complicità del volo
La mia lingua sul tuo culo...


...Le notti-le botte-le stelle-com'erano belle
Ma ora ho un senso inverso
Amanti-amici-umanisti-ribelli
Musicisti mai fratelli
Adesso-solisti-coltelli
Del niente-del niente
Che al limite ti fai una sega, ti fai qualcosa...


... Voglio la tua bocca
Ma mi passerà
Prima che si apra per me...




Volevo sentirlo cantare. Solo per stare meglio oggi. Solo per.
Occorre rimediare a quello che non è stato. Ma come?
Non lo so. Per il momento so solo che le ossa del collo e della schiena dolgono un po' a causa dell'umidità presa. E che mi serve una doccia. Acqua, tanto per cambiare. "Tanto ormai!"


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venerdì 11 luglio 2008
A udire sempre sempre il suo respiro
In lontananza - ma nemmeno poi troppa - un treno passa diretto chissà dove. Il vento smuove il grano ancora bambino. Non si capisce se il tempo volterà in nubi nere o se stia solo rinferescando un po'.
Lì vicino - ma chissà se lo sia davvero così tanto - due persone giacciono abbracciate. La figura maschile pare stia accarezzando il braccio della figura femminile; fa cadenzare la sua mano tenendo chiusi gli occhi e andando dietro al percorso di quel vento gradevole. Anche il movimento provacato da lui lo è. Pare che tutto lo sia, adesso.
La figura femminile apre gli occhi e poggia una mano a terra, sull'erba morbida, per far leva e sollevarsi quel tanto che basta per avvicinarsi a quel viso maschile. Gli dà un bacio sul collo. Poi gliene dà uno sulla punta del naso. Un altro sulla fronte. E uno leggermente più giù, in quel luogo in mezzo alle sopracciglia - ma non proprio, è ancora leggermente più in basso - che sancisce il distacco tra un occhio e l'altro. Non arriva alla bocca; non subito. Forse non la vuole sprecare. O forse sta solo allungando l'attesa.
Da qui si può distinguere appena che non stiano già per sfiorarsi le labbra; sono talmente vicini... Eppure manca ancora dello spazio tra le loro bocche. Solo che da qui non si può stimare tra quanto tempo si toccheranno.
Da qui pare quasi di capire a chi appartengano la figura femminile e la figura maschile. Trattasi di Miss I e Mr U - ma rimane sempre quel "quasi"; di nulla si ha certezza. E, d'altronde, noi non rimarremo qui a chiarire il dubbio. Come non aspetteremo di vedere quelle bocche condotte a fare l'amore da quell'atteso bacio.
Chiunque essi siano e qualunque cosa stiano - o non stiano - per fare, noi ora ci allontaniamo e li lasciamo tranquilli. Non sta bene spiare. E di sicuro - questo sì - saremmo di troppo.

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mercoledì 9 luglio 2008
Sarebbe più logico
Chissà perchè, più si è giù di morale, e più si ha voglia di ascoltare canzoni che sono ottime per mandarlo sotto terra, il morale.
Non, si dovrebbe, invece, ascoltare canzoni in grado di risollevare quel po' che si potrebbe? Non si dovrebbe? O, quanto meno, sarebbe più logico.


Let's waste time
Chasing cars
Around our heads

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martedì 8 luglio 2008
Tempo di Traffic
Ieri è cominciato il Traffic Torino Free Festival, più semplicemente noto come Traffic.
In ufficio cerco di farmi passare la mezz'ora della pausa pranzo leggendo il programma del festival sul sito dei SubsOnica. La mia attenzione si sofferma sulle seguenti frasi: "Dotazione indispensabile se siete forestieri:a) un semplice conoscente torinese con appartamento da elevare sul campo al grado di amicocarissssimo, b) un pensione. Anche mezza stella cadente va bene, visto che parliamo di un festival rock e non della settimana della moda".
E penso che, sì, non sarebbe proprio bello stare a Torino per un week end, dal venerdì alla domenica, e godere di un bel po' di concerti aggràtis? Che Torino, ok, non è molto lontana da qui e sabato sera, se tutto va bene, faccio un'andata e ritorno by car per assistere al concerto degli Afterhours, e di Patti Smith e chi altri ci saranno per l'occasione. Ma vogliamo mettere il passare lì meno di dieci ore con il soggiornarci e il pernottarci per 2-3 giorni, con il sole, con l'estate, con una buona compagnia, con l'appoggiare la testa sul cuscino di un qualche albergo o b&b torinese, e svegliarsi il giorno dopo, uscire fuori e trovare Torino ancora lì, che ti offre la colazione nei pressi dei suoi monumenti o delle sue piazze meravigliose? Vogliamo mettere?!


Passa la pausa pranzo. Il pensiero di cui sopra, invece, rimane. L'insofferenza che mi porto addosso oggi rimane. Posso andare a casa? Posso già andare a casa?!
Qualcuno passa a buttare una pratica dentro l'apposito contenitore in maniera un po' originale. Mi fa sorridere. La cosa è spunto per scherzare qualche secondo.
Mi svago ancora un'altra manciata di minuti quando ricevo la telefonata di un amico che mi racconta delle sue vacanze siciliane. E mi ricorda che sabato, appunto, si va a Torino. Non me l'ero dimenticato. Niente affatto.
Rifletto sull'uscire dieci minuti per andare a prendere un caffè. Sarebbero dieci minuti che potrei scalare dall'insofferenza di questa giornata.
E intanto il mio cervello ha cominciato il countdown. Quanto manca, esattamente, alla mia Torino di sabato?




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posted by buИCiA at 14:16 | Permalink | 0 comments
domenica 6 luglio 2008
Torino, per tutta la vita
Spesso, di domenica, c'è bisogno di qualcuno che ti salvi, che ti porti via dai tuoi luoghi abituali e da te stesso. Oggi rischiava di essere una di quelle domeniche in cui si va alla ricerca disperata di un'evasione, senza trovarla; e così ho accolto la proposta di un amico di fare un giro a Milano.

Ieri a Torino, oggi a Milano... Il confronto è stato inevitabile.
Ora come ora ho gli occhi che a fatica riescono a stare aperti, quindi non mi dilungherò più di tanto nel descrivere perché Torino sì e Milano no. Dirò solo che (e i miei blogroll milanesi non me ne abbiano a male) se dovessi scegliere tra le due... beh, sceglierei Torino. Senza dubbio. Sceglierei Torino, per tutta la vita.
Perché?
Perché Torino è Torino. E non c'è bisogno di altre spiegazioni. Punto.


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posted by buИCiA at 22:22 | Permalink | 12 comments
giovedì 3 luglio 2008
Cronaca mattutina del tempo che non scorre e di altre seghe mentali
Le 12,12. Il tempo, oggi, passa lentissimo. Al lavoro non avrò nulla da fare fino alle 14,30. E allora l'attività che mi spetta sarà parecchio noiosa. Ma mi tocca. Non posso farci nulla.
Ho scritto dueappuntidue per la tesi. Li ricopierò al computer appena sarò a casa. Quella tesi che - ieri mi è stato detto - rischia di cadere nel banale e nel descrittivo. E perché? Solo perché ho scelto un argomento che è poco - anzi, pochissimo - trattato in letteratura. Ma io dico: per fare una ricerca su un tema già sudiato all'infinito e per cui avrei potuto scopiazzare a destra e a sinistra, avrei potuto fare una tesi monografica, priva di tanti sbattimenti; e bò. Ho scelto un tipo di ricerca che mi sembrava più interessante proprio perchè poco affrontata. E' un crimine? Oddio, no; non lo è. Ma ieri la mia relatrice mi ha fatto venire un sacco di dubbi.
Pensavo di aver trovato delle cose interessanti, e invece spuntano fuori i termini "banale" e "descrittivo". E io mi smonto del tutto.
Divento già parecchio scazzata quando si tratta di scrivere relazioni o testi vari per l'università. E dire che mi piace scrivere. Lo adoro, proprio. Ma tra il farlo per piacere e il farlo per dovere scorre un abisso profondo quanto la fossa delle Marianne. Forse ancor di più quando si tratta dello scrivere per la tesi. Se poi si tratta di scrivere già scazzati e con in più la smontatura procurata da un incontro con la relatrice andato per niente bene... beh, credo che il risultato non sia dei migliori.
Una collega universitaria mi ha riferito di aver scritto una tesi di 340 pagine. Scusa?! 340? Io ho fatto fatica a scriverne 15 per il primo capitolo. Come si arriva a 300? O anche solo a 200? Ma pure a 100 o a 50... Come?
Ma non mi possono far laurerare sulla fiducia, in base alla media dei voti? Sarebbe estremamente più semplice. Non si può, neh?
Le 12,30. Solo le 12,30. Sono sempre più convinta che per giungere alle mie mete - che si tratti di far passare il tempo o di riuscire bene in qualcosa - mi ci vorrebbe un po' più di immaginazione. E un po' più di volontà. E.


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posted by buИCiA at 23:02 | Permalink | 2 comments
mercoledì 2 luglio 2008
Positivo vs negativo
Lati positivi di oggi:
- essere stata a Torino e avere goduto un po' della sua bellezza;
- aver assaggiato la granita ai fiori di sambuco da Rivareno;
- aver rivisto un po' di compagni di università che non vedevo da mesi e che non speravo più di rivedere così, casualmente.

Lati negativi di oggi:
- aver preso un treno, all'andata, privo di aria condizionata. A Porta Nuova mi sono svegliata immersa in un oceano costituito dal mio stesso sudore;
- aver rotto uno dei laccetti dei sandali alla schiava che portavo e non aver potuto fare a meno di comprarmene un paio nuovo (30 euro). Solo che le infradito sono un po' rigidine all'inizio e quelle acquistate oggi, in particolare, mi hanno distrutto i piedi (tanto per cambiare);
- aver atteso parecchio tempo prima di poter parlare con la mia relatrice;
- essermi incazzata parecchio dopo aver parlato con la mia relatrice (questa tesi di laurea non mi sta facendo bene);
- essere incazzata tuttora.

Lati positivi: 3.
Lati negativi: 5.

Ahia. La notte non promette sogni tranquilli...


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posted by buИCiA at 21:36 | Permalink | 6 comments
martedì 1 luglio 2008
Libri di stagione
Non mi piace piantare in asso un libro dopo averlo cominciato. Per quanto ciò di cui narri, o il modo in cui è scritto, non mi piaccia, tento sempre di arrivare fino alla fine. A volte ci riesco. Altre volte, no. Succede che incominci un'altra lettura più interessante e abbandoni così il libro precedente, riproponendomi, magari, di portarlo a termine in un'altra occasione.
Non è successo molte volte, a dire il vero. Ma l'ultima è capitata di recente. Sono giunta alla metà de Il dolce domani, di Russel Banks, e non l'ho più continuato. E' che la trama tratta un argomento piuttosto triste e, a parer mio, il libro scorre un tantino lento. Così un giorno mi sono fatta ammaliare dal richiamo de I quarantanove racconti di Hemingway ed ho gentilmente detto arrivederci a Il dolce domani.
I racconti di Hemingway mi piacciono. E molto. Eppure il libro non è circondato dall'atmosfera che di solito caratterizza i miei libri estivi. Forse è perchè l'estate scorsa mi sono data ai gialli e ne sono rimasta influenzata, che ora cerco qualcosa di simile da leggere.
L'estate scorsa è stata allietata La donna della domenica e A che punto è la notte, di Fruttero&Lucentini, e da Il commissario di Torino, di Piero Novelli e Riccardo Marcato. Non pretendo che il piacere procurato da tali letture si ripeta (credo che La donna della domenica sia incomparabile), ma almeno tenderei a riprovarci. Mi sono innamorata dello stile di F&L e, in particolar modo, dei libri che hanno ambientato a Torino. Seppur sia ambientato altrove, credo che una delle mie possibili letture estive potrebbe vertere su Enigma in luogo di mare; sempre della ditta, appunto.
Tralasciando i quattro o cinque titoli che ancora giacciono nuovi nuovi tra mensola e libreria e che attendon di essere letti dalla sottoscritta... qualche consiglio per qualche libro da leggere sotto l'ombrellone (ma non solo lì)?


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posted by buИCiA at 22:12 | Permalink | 7 comments