i miei pensieri, nell'etere
mercoledì 25 marzo 2009
Saviano dixit
_di questa strana ossessione che hanno gli scrittori quando si mettono in testa che possono cambiare le cose

_per avere diritto ad essere assunti bisogna morire

_il potere delle parole è un potere che va a trasformare le cose

_codardi, perché sparano sempre a uomini disarmati

_quando la camorra uccide, mica uccide con le pallottole. uccide con la diffamazione

_ perché il male trionfi basta che gli uomini del bene non facciano niente

_uno: non mi andava di dargliela vinta. due: sentivo che era il momento per uno scrittore per poter raccontare, per arrivare a tante persone

_adesso son tre anni, ed è pesantissimo

_io non mi toglierò mai da dosso la colpa di aver portato la mia famiglia in questa vicenda

_ho innanzitutto paura di continuare a vivere così

_loro non hanno paura di me. hanno paura di tanti occhi che hanno letto queste parole

_la mia paura è quella di continuare a stare in questa situazione e in questa solitudine senza fine


Roberto Saviano@chetempochefa_rai3_25-03-2009

[e avrei voluto scrivere altre cose, stasera. altre cose che mi sono venute in mente da quando stamattina, poco dopo le 8, ho cominciato a vedere le montagne all'orizzonte dal finestrino del treno su cui viaggiavo. ma poi ho ascoltato le parole di Roberto. e del resto, sinceramente, mi sono dimenticata.]

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posted by buИCiA at 22:18 | Permalink | 7 comments
venerdì 20 marzo 2009
Solo una parte infinitesima
Di tutte le persone che potevano fermarsi davanti alle strisce pedonali per permettermi di attraversarle, proprio tu. Proprio tu dovevi essere. E scommetto che quando hai distinto il mio volto hai pensato che di tutte le persone che potevano attraversare le strisce mentre tu giungevi in quella prossimità in auto, proprio io. Proprio io dovevo essere.
Io ho attraversato.
Tu hai ringranato la marcia.
Se tu fossi stato un altro tu di un'altra io, ti saresti fermato per permettermi di attraversare, mi avresti riconosciuto e mi avresti proposto un passaggio. Ma il tu che sei non l'ha fatto e non lo farebbe mai. D'altronde l'io che sono aveva già deciso di tornare a piedi, non ha accettato e non accetterebbe mai.
E allora ho guardato la tua auto andare via e, guradandola, ho alzato il braccio sinistro, che ha accompagnato l'avambraccio sinistro, che ha accompagnato il dito medio sinistro, che si è alzato a rivolgerti un saluto tutto particolare. Ma non mi sono fermata per farlo; ho continuato a camminare. Io non mi fermo [di sicuro non mi fermo per te].



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posted by buИCiA at 20:22 | Permalink | 7 comments
giovedì 19 marzo 2009
Cose pensate mentre ero al lavoro oggi
- Detesto andare in bagni che non si possono chiudere a chiave [specialmente quando un intero rotolo di cartigienica cade nel water prima di aver tirato l'acqua e si spera fortemente che nessuno apra la porta proprio mentre lo sto trando su...].

- Questa frase è bella. Me la ricorderò e la scriverò da qualche parte [dimenticata dopo nenanche un'ora].

- Detesto non aver argomenti di cui parlare quando all'interno di una stanza si rimane solo in due. 

- Che brutta [pensato guardandomi allo specchio del fatidico bagno].

- Fino alle 5 non mi passa un cazzo. Forse posso tirarmi su di morale, se ascolto All these things that i've gone... a basso volume [13,37_pausa pranzo].

- Dovrei ascoltare con più attenzione gli album che scarico. Bianca, degli After, è bellissima.

- Chissà se qualcuno pensa a me in questo istante? [E io? Penso a qualcuno, io?]

- Ma perché arriva sempre qualcuno a rompere il cazzo mentre io ascolto la musica?! [Lo sapevo che avrei dovuto ricordarmi di prendere gli auricolari]. - Il prossimo computer sarà un Mac da 13'' [il prossimo lavoro sarà un lavoro che mi consentirà di comprarmi un Mac da 13''].

- Ma quando si va in pausa??? - Avrei bisogno di cibo [o almeno di una caramella, boia faus!].

- Bisogna trovare un modo per sdramatizzare, a volte [le liste stupide sono uno di questi modi].



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Forse è in-evitabile
E' come il tiepido. Ma non come il tiepido in generale, è come il tiepido quando si avrebbe necessità del caldo intenso. E' come il tiepido quando si vorebbe un fresco paralizzante.
E' come la sete che inaridisce la gola quando non si ha nemmeno un rubinetto a disposizione. E' come le scarpe che lacerano i piedi quando c'è ancora tanta strada da fare.
E' come l'alzare la mano perché si è notato che l'insegnante ha commesso un errore, ma si sa che quella mano rimarrà alzata invano perché l'insegnante non vuole essere rimproverata pubblicamente da un alunno.
E' come questo computer che a volte si blocca e non accetta nemmeno di essere riavviato; è come lo staccargli la corrente perché si sa che non c'è altra soluzione.
E' come svegliarsi nel cuore della notte e non riuscire più a dormire ed essere consapevoli che sono quasi le 5 del mattino e che sarà comunque molto dura quando la sveglia suonerà tra poco più di un'ora e mezza e spetterà una lunga giornata di lavoro.
E' come il sentire l'impellente bisogno di scrivere che per essere attuato avrebbe bisogno di luce e di velocità su questi tasti, ma doverlo in qualche modo tamponare, perché la luce più alta e lo scrivere frenetico sveglierebbero la casa.
E' come il cercare di leggere sforzando la vista perché non si hanno gli occhiali.
E' come due persone messe l'una contro la schiena dell'altra che cercano di abbracciarsi muovendo entrambi verso il loro davanti quando invece dovrebbero reciprocamente girarsi e stringersi.
E' come il non poterlo definire né delusione, né tristezza, né altro, perché non sempre le sensazioni hanno un termine che può trovare corrispondenza con quelli già esistenti nella propria lingua.
E' come il punto interrogativo che rimane alla fine del dubbio: si può evitare? Si può fare qualcosa? Si possono cambiare le cose in un modo che le faccia sembrare come se in realtà non fossero mai cambiate? E' come il porsi questa domanda ma non poter trovare una risposta, perché a volte la risposta può essere data solo da altri che non conoscono nemmeno, o ignorano, la fonte del dubbio.
E' come dover mettere il punto quando invece si vorrebbe scrivere ancora, e all'infinito. E' come dover troncare un pensiero che per trovare soddisfazione non dovrebbe nemmeno essere limitato con la punteggiatura; come troncare un pensiero che vorrebbe almeno (in)finire con i puntini di sospensione...

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posted by buИCiA at 04:33 | Permalink | 2 comments
domenica 15 marzo 2009
Marzo [controluce]
C'è un sole così fuori. Sento ancora un po' di freddo sulla pelle e dentro le ossa. Forse anche il sangue si era addormentato assieme a me, poco fa; ma c'è un sole così fuori.
L'inverno ci sta riuscendo anche questa volta: passa e se ne va, mentre gli occhi di tutti sono fissi su quella luce bianca e alta che cattura l'attenzione. Lo sono anche i miei. Eppure a volte trovano ancora il tempo per voltarsi a guardare indietro [è che non sono fissi abbastanza].
A volte il tempo passa senza che nemmeno lo si abbia per avere coscienza del suo andare. Ed io sono un po' senza parole, ultimamente. O [forse] le parole ci sono,
ma sono incastrate in ordine sparso come tanti bastoncini shangay [ed io non sono proprio una patita di giochi di società]. Una volta mi veniva più facile. una volta mi veniva sicuramente più facile.
C'è un sole così fuori. Le altalene, le biciclette, i bambini che corrono fanno avanti indietro e girano intorno in un movimento che [per quanto ne so] potrebbe anche essere infinito. Io sto ferma e [per quel che posso] guardo. E' che c'è un sole così, fuori, e ce l'ho proprio puntato in faccia.



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posted by buИCiA at 17:07 | Permalink | 4 comments
lunedì 2 marzo 2009
L'eterno è relativo
Che si tolgano le parole. Che si tolga il sesso. Che si tolgano, sì, che si tolgano anche i baci. Che si tolgano anche quelli. Che si tolga la televisione, accesa su qualche canale, non si sa dove. Che si tolgano le omelettes che uno dei due - o forse entrambi? - stava cercando di cucinare, e con scarsi risultati... Che si tolgano i vicini, con le loro urla da litigio per chissà cosa che oltrepassano le pareti. Che si tolga quello spiffero di aria fredda che passa attraverso la finestra lasciata un po' aperta per far andar via l'odore di uova miste all'olio caldo. Che si tolga... tutto. E che si tolga soprattutto il tempo. Che lo si fermi, per favore. Che Mr U e Miss I possano rimanere attaccati l'uno alle guance dell'altra per una successione di istanti in(de)finita. Proprio così, i n d e f i n i t a. Perché non ne possono più di staccarsi dall'altrui corpo. Non ne possono più, ogni volta. E non gli importa dell'odore di uova miste all'olio caldo che si attenua con lo spiffero che arriva dalla finestra aperta. Non gli importa delle urla da litigio per chissà cosa dei vicini che oltrepassano le pareti. Non gli importa che le omelettes stiano venendo con scarsi risultati per colpa di quello, o di quella - o di entrambi? - che le stava cucinando. Non importa su quale canale fosse accesa la televisione; d'altronde nessuno la stava guardando. Non importano i baci. Non importano, no. Perché non sono sempre necessari. Non importa il sesso. E non importano le parole. Loro vorrebbero solo stare a toccare l'altrui pelle con la propria pelle, così, ad occhi chiusi. Con la faccia. Con le mani. Coi capelli. E non si può in eterno. Eh, si sa. Che l'eterno è un concetto relativo. Ma almeno ci si prova, a realizzarlo. Almeno per un po'.
Almeno fino a quando non si sente l'odore di bruciato: le omele
ttes sono da girare.



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