i miei pensieri, nell'etere
sabato 2 febbraio 2008
Torino, oggi
Sono ancora fuori dal treno quando lo penso. Che rimane qui sempre un po' di me ogni volta che poi me ne vado. E di sabato particolarmente. Il sabato a Torino ha qualcosa di particolare. Sarà qualcosa nell'atmsofera, boh?! Sarà che è un'eccezione venirci di sabato e rimanere un po' più a lungo oltre che per qualcosa che riguarda direttamente l'università.
Mancano dieci minuti alla partenza, ma aspetto ancora, per salire. Perchè, una volta salita, non sarò già più qui. Mancherà un'ora al ritorno, ma sarà già come non essere più qui.

Il treno è un intercity, forse addirittura un intercity plus... E questa è un'altra eccezione. Ma oggi è sabato, è stata una bella giornata, e me lo posso anche permettere. Posto prenotato. Carrozza n°6. E' l'ultima carrozza in fondo. Volgo lo sguardo ancora una volta verso sinistra, all'inizio del binario, dove Franci, prima di andare via - ma già in procinto di - mi ha urlato un "ti voglio bene". E poi salgo.

Ora il treno ha appena lasciato la stazione. Ciao Torino, alla prossima.


Stamattina ho passato un paio d'ore in biblioteca, ma senza concludere quasi nulla. Non sapevo esattamente cosa cercare e il tempo a disposizione era limitato. Sono uscita di lì solo con qualche titolo e con la ferma convinzione che dovrò tornare un giorno che non sia il sesto della settimana, per avere la possibilità di usufruire di una copisteria aperta, e di una stampante collegata con i terminali della biblioteca, per stampare ciò che non è disponibile in formato cartaceo.
Palazzo Nuovo è semideserto ed aleggia una calma surreale per un atrio che, almeno fino al giovedì, è calpestato senza tregua da innumerevoli studenti. E' una calma bella, ma proprio per questo mi infonde un po' di nostalgia per quel rumore da pausa caffè durante le lezioni cui non sono più abituata da qualche mese.

Passo a prendere Ele e decidiamo di pranzare da Pastis, nel Quadrilatero. Quando capito qui dentro mi è inevitabile pensare a Santa Maradona, e a come Libero De Rienzo mi abbia fatto ridere in quel film. Quasi quasi, uno di questi giorni lo riguardo.









Finito di mangiare, io e Ele ci spostiamo al Caffè di Roma, dove ci raggiunge Franci. Rimaniamo a bere un caffè, finchè giunge il momento di dare inizio al nostro pellegrinaggio in onore di Giancarlo. L'aria è leggera, come le nostre risate e i nostri pensieri.

Mi piace camminare lungo i murazzi. Lo so, l'avrò detto più e più volte, ma più ci penso e più mi viene da dirlo, e più mi viene da dirlo, più sono contenta, proprio come quando sono fisicamente lì, come oggi, e posso ascoltare il traffico di Piazza Vittorio da una parte, e le urla dei vogatori che faticano sul Po, dall'altra .
Sopra le vetrate spezzate dalle fiamme, il muro di Gianca è nero, un nero alto che giunge fin dove il muro non è più muro, ma è marciapiede per coloro che camminano al di sopra del locale. I resti dei tavoli e di ciò che prima dell'incendio doveva essere qualcosa di meglio definito di quanto sia ora, sono ammassati lì fuori, privi della storia che un tempo li animava. Gianca è sporco - pardon - più sporco del solito. Gli rendiamo omaggio sostando davanti alla sue carcasse, e poi torniamo indietro. Camminiamo affiancando tutti gli altri locali. Guardo le vetrate del centro sociale e noto che anch'esse sono rotte, mancano interi pezzi. Non faccio in tempo a pensarlo, che Franci esclama ad alta voce quello che sta attraversando la mia mente.
"Se non sapessi che Gianca ha preso fuoco, non mi accorgerei della differenza con gli altri!".
In effetti, non cambia molto. E' la particolarità dei murazzi, quella di essere un po' "vissuti", ed è anche il motivo per cui mi piacciono così tanto. Sono fuori dagli schemi. Sono ciò che non ti aspetteresti di trovare, quando sai che sono così tanto frequentati e ne senti parlare così tanto, e ci capiti per la prima volta.




Via Po e Via Roma son cariche di gente. Tanto che non sempre riusciamo a rimanere in tre, l'una di fianco alle altre. La calca, talvolta, richiede di camminare in fila semi-indiana. Ma poi ci ricongiungiamo. Sempre. Prima di separarci, ancora un giro in libreria, in Piazza CLN. Franci ricorda di quando qui aveva visto Andrea Pezzi. E io ricordo di una delle varie volte in cui ho assistito alla presentazione di uno dei libri di Culicchia. Franci compra un cd e un libro ("La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano, che consigliamo molto per la foto dell'autore presente nella terza di copertina...), e fuori di lì salutiamo Elena. Rimaniamo noi due, che ci dirigiamo in stazione. E nel frattempo io mi godo ancora quest'allegria, la spensieratezza di quando sono con Fra, che non mi abbandona nemmeno quando siamo ferme al passaggio pedonale davanti Porta Nuova; nemmeno in coda per fare il biglietto. Rimane sospesa nel tempo quando Fra mi saluta, per poi allontanarsi insieme al tramonto dal binario dove sosta il mio treno. Ciao spensieratezza. Anche con te ci vediamo alla prossima.



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posted by buИCiA at 22:13 | Permalink | 11 comments