Name: buИCiA From: da qualche parte, in Piemonte, Italy About me: Non mi piace parlare di me.
Quindi mi descrivo dicendo, non ciò che sono, ma ciò che non sono.
Non sono estroversa. Non sono loquace. Non sono abbronzata. Non sono quello che spesso la gente mi dice che sembro essere (una persona tranquilla, che non si arrabbierebbe mai, che se cade qualcosa si sposta senza fare la minima piega...). Non sono sicura. Non sono ottimista. Non sono carnivora. Non sono un sacco di altre cose.
E non ho ancora capito se sono più ciò che sono o ciò che non sono.
Troppo astruso/a?!
Già. E allora facciamo che, finché non lo capisco, scrivo. Che magari mi passa.
Non è stata una giornata poi tanto male. Non lo era stata.
Cominciata con l'umore a terra a causa del tempo, a causa del grigio, a causa di me, è poi evoluta verso un sole che piano piano ha aperto il cielo, fino a rischiarare questa città, che di grigio ha anche il colore della squadra di calcio.
Sono rimasta al lavoro qualche ora in più per recuperare tempo perso e tempo che perderò. Una volta fuori, un giro d'orologio in compagnia di un paio di amici davanti ad un caffè e due the freddi. E poi a casa. A casa senza più uscire, se non per portare fuori Gilda. Senza più uscire, anche se in questi giorni non farei altro; non farei altro che stare fuori di casa. Capita, spesso, nei momenti di forte instabilità; capita di sentire l'esigenza di stare fuori. E l'umore scivola su una rampa da skate, alle estremità della quale stanno l'euforia e la depressione. Lo skate va prima di qua, va sù, si blocca per un istante in aria, finchè la forza di gravità non lo riporta giù. E lo spinge di là... Su e giù, su e giù.
Rimango al computer, stasera. Come quasi tutte le sere. La televisione non so quasi più cosa sia. E' qui accesa, che mi fa compagnia, ma le cuffie collegate a qualche video sul youtubo o a qualche elenco di canzoni su i-tunes ha la meglio. Lo skate, ora, porta a spasso un paio di frasi; sono solo un paio di frasi. Ma sono sufficienti. Da quale parte della rampa andrà? Sceglierà di portarle in alto o in basso?
La forza di gravità ha la meglio.
E queste fette biscottate con confettura di albicocche anche. Quante calorie inutili ingurgito, con questo surrogato non richiesto? Sinceramente non lo so. Sinceramente me ne frego.
Se glielo si chiedesse adesso forse non ricorderebbero nemmeno quale fosse. O meglio, se la ricorderebbero eccome. Ricorderebbero le parole, qua e là. Ricorderebbero la musica. Ricorderebbero la melodia. Ricorderebbero che le loro mani erano strette l'una nell'altra, in quel momento. Ricorderebbero che quei cinque minuti e cinque secondi sembravano essere interminabili; avrebbero voluto che lo fossero. Ricorderebbero che non ne avevano una loro, di canzone. Non se l'erano mai scelta. O non ne era mai caduta una a loro favore. Ma quella... beh, si; quella avrebbe potuto benissimo esserla.
Miss I ricorderebbe, in particolar modo, il gesto che lui fece per invitarla a ballare. Quello sguardo fisso dentro di lei, come a voler bussare direttamente sulla porta dell'anima. Ma non c'era bisogno di bussare. Per lui la porta - quella porta - rimaneva costantemente aperta. Qualche volta un po' più socchiusa, forse; ma sempre aperta. Sempre.
Mr U ricorderebbe il suono dolce che emise la propria mano quando si appoggiò con molta cautela alla schiena di lei. Si potrebbe pensare che un tocco così lieve non possa fare alcun rumore, vero? Non lo fa. Di sicuro non lo fa, per chi non vuole ascoltare. Per chi non ha che orecchie, e occhi, e mani, e fiato per la persona che ama - solo per lei - l'ha eccome. Ed è un suono così dolce e fine che lo si potrebbe quasi eguagliare a quella canzone.
Quale canzone?! Quella; la loro. Quella che, se gli si chiedesse ora quale fosse, probabilmente non sapebbero cosa rispondere. Perchè non ricordano il nome del gruppo che la suonò; e non ricordano il titolo. Forse non l'hanno mai saputo, il titolo. Ma il titolo non è importante. Un giorno magari la ritroveranno. Un giorno, magari, cadrà nuovamente a loro favore...
Per un attimo oggi ho pensato che la mia città è bella. Ho visto il sole alto sui muri pitturati da anonime bombolette spray vicino alla stazione ed ho pensato che la mia città sia bella, così, in una domenica che ha il sapore dell'estate.
Ho visto le strade strette dei paesi, e i campi arati accanto ai campi coltivati e a quelli gialli di piccoli fiori. Ho visto il cielo sopra piccole colline quiete. Ho visto queste cose con la colonna sonora dei Negramaro e delle risate amiche dall'infanzia; risate che andavano su e giù come quelle stradine. Ho visto queste cose ed ho pensato che la domenica può anche essere bella e lo può essere anche qui. Qui che non è la Torino che adoro; qui che non è niente di particolare; qui che a volte può bastare.
Oggi mi è bastato per un po'. E' bastato il caldo, è bastata l'atmosfera serena del compleanno di un bimbo che anzichè spegnere la candelina - quell'unica candelina - con il fiato, cercava di spegnerla, attratto dal fuoco, con le dita. E' bastato il vento lieve sulla pelle del viso mentre si facevano quasi le otto di sera. E' bastato anche il tramonto mentre, tornando a casa e muovendo pochi passi, l'ho guardato scendere sopra i tetti.
E' bastato, per un po'.
Ed è per questo che uso il passato prossimo anzichè il presente.
(E ora mi perderò in questo sentimento, sperando di poter dire "basta" a breve).
E' dalle 18 circa che penso a cosa scrivere. Da quando sono rimasta sola. Da quando Franci mi ha salutato e abbracciato e - se non ricordo male - anche detto che mi vuole bene. Abbiamo salutato la nostra stupenda giornata nel mezzo della strada in Piazza castello, strada oggi resa, come le altre vicine, pedonale. Ho seguito la figura della mia amica ancora per un po', con lo sguardo; perchè seguirla ancora, averla ancora lì sotto gli occhi, signifava che la giornata non era ancora finita, non del tutto. L'ho seguita ancora un po'. E poi l'ho persa. Nella folla. E allora ciao Franci. Ciao Torino. Ciao 25 aprile passato qui.
Penso a cosa scrivere ancora adesso. Adesso che ormai è già domani, e sullo schermo della televisione scorrono le immagini di Beppe Grillo a Torino, oggi. Ci sono anche io lì, da qualche parte, tra la gente. C'ero anche io. Eh si, IO C'ERO! E sono contenta di poterlo dire.
Eppure sto ancora pensando a cosa scrivere. Perchè non è facile. No. Non lo è poi tanto. Mettere su questi pixel quello che sento e quello che ho provato, oggi. Quello che mi ha lasciato Torino, e quello che mi ha lasciato il passare un pomeriggio interessante con gente da poco conosciuta, e quello che mi ha lasciato ascoltare Beppe Grillo dal vivo, e quello che mi ha lasciato lo stare bene, così.
Perchè la vita può essere anche questo. Spesso (troppo spesso) la mia vita è insoddisfazione, e nervosismo, e lamentarmi, e lo scazzo più totale. Ma la vita può essere anche questo, sì. La vita può essere questa giornata di sole di fine aprile che pare già una giornata di maggio inoltrato. Può essere anche il segno rosso lasciato da un sole ancora più rosso durante le ore trascorse in Piazza San Carlo. Può essere anche questo. E' questo.
E quello che cerco di scrivere ma che non riesco, perchè è nella mia testa e nelle mie vene, è qui e rimane qui. Rimane dentro. E per quanto io mi sforzi, quello che voglio esprimere non riuscirò mai a portarlo fuori facendolo rimanere fedele a come è dentro. E vaffanculo a me e a come sono fatta e al mio romantinostalgismo e a quella cazzo di malinconia che mi prende quando lascio Torino in un giorno così. E oggi (cioè, ieri) c'è stato il V-day, quindi lo posso anche dire: vaffanculo. E allora lo trattengo qua, tutto questo. Tutto questo cosa? Tutto questo che è dalle 18 circa che vorrei scrivere. Ma che non credo di essere riuscita a fare. E che riguarda quella città, quel ridere, quell'atmosfera, e ho visto una foto di Berlusconi nudo o meglio dell'I-pod nano, e i Blaugrana, e Caparezza, e incontrare una persona che non vedevo da un sacco, e di quei venerdì che ti sembrano domenica ma una domenica di quelle belle, e "quell'operaio se faceva il politico campava ancora cent'anni" e mai quest'onda mai mi affonderà, gli squali non mi avranno mai, quest'onda mia mi affonderà, sha la la la la...
E perchè - me lo chiederò sempre - perchè vivo qua e non a Torino?!*
(*Non so, forse perchè è proprio quando si è lontani dalle cose che le si apprezza in maniera esagerata)
E così sono arrivata alla fine di quelle settanta pagine. Una più, una meno... L'ultima è stata sfogliata su un treno di ritorno da Pavia intorno alle 18, 30 di questo pomeriggio. Un po' è stata sfogliata da me. Un po' lo è stata dal vento che giocava a nascondino con i finestrini e le tendine sporche di quell'espresso. Tokyo blues da oggi rimarrà chiuso, almeno fino a che non mi verrà voglia di leggere una delle tante frasi che mi hanno colpito. E sono state un bel po'.
Potrei scriverne un po' qui; potrei enunciare i vari libri che - nuovi nuovi - mi aspettano sullo scaffale della libreria in soggiorno. Potrei fare un po' di cose, insomma, ma non mi va di farne nemmeno una, perchè il mal di testa e la stanchezza sono a livelli davvero alti, adesso, e credo che tra non molto prenderò la via del letto.
Era solo per lasciare un saluto ai miei amici di carta, inciostro e fantasia che mi hanno tenuto compagnia per un po'. Solo per questo.
Guardo il cielo attraverso una tenda arancione. E non riesco bene a capire se fuori ci sia ancora il sole o se il grigio stia prendendo il posto di quello che, fino a poco più di un'ora fa, sembrava poter potenzialmente essere l'inizio di un caldo pomeriggio domenicale.
Le nuvole stanno formando cappelli sopra le teste degli alberi alti, e mi dispiace che sia così. La domenica, per quanto abbia esiti ambigui sul mio umore, mi piace, se è soleggiata. L'evolversi in negativo del meteo non sarà salutare per me; no, nient'affatto.
Dalla parte di questa giornata c'è un paranzetto niente male che è stato preparato amerovelmente da mia mamma, con i pochi e alternativi (se così li si può definire) ingredienti che ultimamente mi posso permettere, e la lettura di un buon libro che fra una settantina di pagine finirà. Per questo non so, finito di scrivere qui, se rimettermi a leggere, rischiando di giungere alla fine di quelle pagine, o se passare ad altro, rimandando quella fine ad un altro giorno. Mi dispiace sempre finire i libri che mi piacciono. Mi viene nostalgia, poi. Per i personaggi di cui ho letto, per quello che è successo loro, per i luoghi - vicini o lontani che siano - di cui si è narrato. Per esempio, il Giappone non mi ha mai affascinato più di tanto; ma ora che i miei occhi ascoltano Tokyo blues penso che un viaggio lì lo farei volentieri (o, almeno, lo faccio con la fantasia).
E così è di nuovo domenica pomeriggio. E basta. Non ci sono tante altre considerazioni da fare.
Stavo solo pensando a quale canzone poter ascoltare. Ma credo che la miglior colonna sonora di questo tempo sia il silenzio.
E' un pomeriggio che suona duro sotto la batteria e la chitarra di Febbre degli Afterhours. Ma non ha suonato duro per tutto il tempo. Prima ha suonato morbido sotto la coperta del sonno che accoglie dopo pranzo. E poi ha suonato malinconico davanti a un televisivo Better di Tom Baxter e poi a un youtubiano Believe; sempre di Tom Buxter.
Gli alberi, fuori, ballano con il vento. Alcune voci e alcuni motori d'auto mi entrano in casa; non invitati, tra l'altro. E' una giornata che non ha senso.
Mi ritrovo a leggere alcune righe. Prima di iniziare, so già che quelle righe mi piaceranno. Dopo aver iniziato, trovo conferma in quel presunto sapere, e mi fermo su un "Piangeva senza saperne la ragione". Dev'essere capitato un po' di volte. Di piangere senza saperne la ragione. Si, dev'essere capitato un po' di volte.
E - di nuovo - queste ore mi sono scivolate via senza controllo. Il sole, ancora alto, è un ingannatore.
Rimango ancora un po' qui pensando a come fare finire questo pomeriggio. Lo faccio finire stanco, coricato su questo divano, o lo faccio finire a sputare sudore, picchiando a terra le Adidas che uso per correre?
Deciso. Questa fine comincia così, con me che mi alzo da questo divano.
Seduta a questa scrivania dalle otto e mezza di questa mattina. Lavoro un po', poi navigo in internet. Poi lavoro di nuovo un po'. E rinavigo in internet. Lavoro. E navigo. E navigo. E navigo. E navigo.
L'obiettivo da raggiungere in quindici giorni deve essere dilazionato, perchè se mi mettessi a lavorare ora dopo ora a quello che devo (ormai dovevo) fare, avrei finito diciamo... dieci giorni fa. E il resto dei giorni che mancano fino alla prossima riunione di lavoro? Eh, passati a navigare; appunto.
Che poi io non è che abbia tutta questa fantasia da stare ore davanti al computer facendomela passare come se nulla fosse. Dopo che controllo la posta, il sito de La Stampa e poca altra roba non so già più cosa fare. Ma bisogna resistere. Perchè occorre arrivare fino alla fine per ottenere il pezzo di carta. Quel pezzo di carta ove il mio nome sarà apposto sotto un "Certificato di frequenza" o cosa cacchio ci sarà scritto. Quel pezzo di carta che bisogna presentare o autocertificare di possedere per far vedere alla gente fuori che si è fatto qualcosa. Perchè non importa cosa si è fatto veramente; l'importante è avere il pezzo di carta.
E allora passo un'altra mezz'ora davanti a questo computer, che poi finalmente potrò uscire e andare a sgranchirmi le natiche ormai assuefatte da questa poltrona. E cosa mai potrò fare in questa mezz'ora che mi manca?! Non lo so. Probabilmente navigherò.
Questa volta l'invito arriva da Franz, e io mi appresto ad accoglierlo. Questo è il regolamento, per chi volesse raccoglierlo a sua volta:
- indicare il link di chi vi ha coinvolti;
- inserire il regolamento del gioco sul blog;
- citare sei cose che vi piace fare;
- coinvolgere altre sei persone;
- comunicare l’invito sul loro blog.
Citerò le varie cose in ordine sparso. Coloro che invito a mia volta sono Cannibal kid, Burro, Roberto, Ed, Bleek e Vinci.
1- Mi piacciono le giornate passate dal mattino alla sera in compagnia dei miei amici. Mi piace stare con loro, e divertirmi, e ridere ricordando una frase detta, un fatto accaduto... qualsiasi cosa. Mi piace quel senso di malinconia che arriva, poi, quando la giornata si sta per concludere. Mi piace pensare che ci saranno altri giorni in cui potrò riassaporare quel gusto.
2- Mi piace l'adrenalina che sale quando ho davanti una persona che mi piace. Mi piace il gioco di sguardi che si crea, complice. Mi piacciono i sorrisi scambiati, anche con un po' di imbarazzo. Mi piace baciare; molto. Mi piacciono i baci. Lunghi. E morbidi.
3- Mi piace aprire la porta di casa e trovare il musetto di Gilda lì, già pronto a spuntarmi davanti, ogni volta che rientro. Mi piace che mi accolga scodinzolando; che la giornata può essere andata storta o dritta in mille modi differenti, ma lei non lo sa, e scodinzola; comunque. Mi piace chiudermi la porta alle spalle e prenderla in braccio, prima di fare qualsiasi altra cosa. Mi piace farmi dare da lei qualche bacino sul naso. E dimenticare, durante quelgi istanti, che, magari, fino a qualche secondo prima, c'era qualcosa che mi aveva dato fastidio.
4- Mi piace leggere. Mi piace aprire un libro e trovare da sottolineare una bella frase già dopo appena qualche minuto di lettura. Mi piace stare ore a sfogliare le pagine, una dietro l'altra, senza nemmeno accorgermi del tempo che passa. Mi piace affezionarmi ai personaggi che vengono narrati; e talvolta mi piace anche pensare che sarebbe bello... sarebbe bello se qualcuno di questi personaggi fosse - perchè no? - reale.
5- Mi piace scrivere. E mi piace farlo proprio a mano. Mi piace raccogliere i miei pensieri e tentare di dar loro vita appoggiandoli sulla carta. Mi piace battere forte le dita su questa tastiera, forte e veloce, per cercare di catturarli prima che svaniscano dalla mia mente, così come erano arrivati. Mi piace scrivere e sinceramente non mi importa se mi riesce di farlo bene o male. Mi piace farlo, e questo mi basta.
6- Mi piace questa scena de Il postino. Perchè più cose, nel mondo, dovrebbero avere la stessa poesia.
Ieri notte ho dormito male e stamattina non mi sarei voluta alzare
"Buongiorno chiamo da (...), dovrei lasciare una comunicazione per (...)".Ripeto questa frase almeno venti volte, stamattina. E chi trovo, dall'altra parte, non sempre ha la cortesia di farmi dire tutto quello che devo; non sempre ha voglia di appuntarsi ciò che comunico. Ma ci vorrà poi così tanta fatica a prendere carta e penna e scrivere due informazioni?! Evidentemente, per qualcuno, si... Esprimo la mia massima stima per coloro che lavorano nei call center e che questo lavoro lo ripetono per più ore al giorno, per più giorni alla settimana, per più settimane al mese.
Esco a prendere un caffè, ma è una pausa che dura troppo poco. Fuori, dei muratori martellano su cubetti di porfido, seduti verosimilmente molto scomodi su qualcosa che li rialza a meno di dieci centrimetri da terra. E penso che io, oggi, sarò sovrastata dalla noia, ma loro lo saranno dalla stanchezza fisica. Alla fine, non ho poi così tanto da lamentarmi.Rientro dentro, ma mi concedo ancora cinque minuti all'aria aperta. Mi soffermo a guardare l'azzurro sopra di me, che da azzurro è diventato grigio senza che nemmeno me ne accorgessi. Ma non c'era il sole stamattina?! Dov'è andato a finire?
E poco a poco è cominciata a cadere anche la pioggia. E non se mi sembra più un improvviso temporale estivo, o una triste giornata autunnale. Così anche oggi salterà la corsa. La mia pigrizia ringrazia. La mia voglia di sfogarmi con un po' di movimento, no. Ho come l'impressione che questa sarà un'altra settimana trascorsa ad aspettare il venerdì sera. E piove, piove, piove ancora...
Le due e mezza del mattino. Pigiama. Una coperta di pile sulle spalle. Un pacco di biscotti al farro appoggiati sul divano. Un'ispirazione che da qualche giorno mancava. Stasera ho ritrovato la mia ispirazione in una Becks. Solo una?! Si, solo una. E' che non reggo molto l'alcol e... non che io sia già ubriaca, ma ho una serie di pensieri in testa che si sono risvegliati stasera - stanotte - e non dico che sia solo merito della Becks. Ma lei ha sciolto un po' il ghiaccio.
Mi ritrovo qui a scrivere dopo una serata passata a guardare delle drag queen che ballavano. Ce n'erano certe che avevano dei culi e delle gambe invidiabili. Sfido qualunque donna a battere quelle cosce prive di cellulite. Una era la copia spiaccicata di Britney Speras; ha ballato You wanna a peace of me anche meglio di lei. A parer mio, nemmeno delle miss sarebbero state in grado di far ballare e divertire le persone così tanto.
Mangio ancora un biscotto al farro. E' difficile scrivere nella semi oscurità. Continuo a sbagliare i tasti. E più cerco di far silenzio, più mi riesce di far rumore. Prima è anche caduto il modem, creando un tonfo clamoroso. Per fortuna ho svegliato solo Gilda, che ora si sta prendendo un paio di carezze da me. Ma più che dal rumore, credo sia stata svegliata dal crunch crunch dei biscotti tra i miei denti...
E che cosa volevo dire prima?! Aah, non me lo ricordo già più. Forse l'effetto della Becks sta per svanire, ed io proprio non ricordo se ci fosse qualcos'altro da dire o meno.
Forse... forse si. Ma ormai lo tengo per me.
Ora mi sa che poso i biscotti, spengo il computer, piego lo shi tzu e prendo la coperta. Cioè, no, piego la coperta, prendo lo shi tzu e, sì, poi posso andare dormire.
Una tesi che non inizia. Un tempo che non regge al peso delle nuvole. Vado a correre da due giorni, ma oggi mi toccherà saltare causa pioggia.
Un riposo stanco interrotto dall'intrufolarsi del citofono nelle ore centrali del pomeriggio.
E' aprile? Siamo ad aprile?! Dal grigiore esterno e dal malumore che mi porto addosso non si direbbe. Mi sa che le cose belle sono finite la settimana scorsa. E mi sembra passato già un secolo, dalla settimana scorsa.
In un attimo arriverà maggio, e mi fermerò qualche istante a chiedermi dov'è andato a finire anche questo mese.
Qualcuno mi ha parlato di "sindorme da lunedì mattina": per me l'inizio di settimana è - dovrebbe essere, in base a quest'interpretazione - terribile.
Mah, mi sa che continuo a tenermi stretto il mio scetticismo e a dubitare di queste analisi da primo colpo d'occhio. Anche perchè credo di soffrire della "sindrome da ogni giorno della settimana". Che non esiste, lo so, ma oggi le batterie si stanno esaurendo e, pur essendo mercoledì, è come se fosse ancora due giorni fa. Ci sono dei periodi in cui tutti i giorni sono lunedì. E credo che oggi sia proprio uno di quelli.
Entro in paranoia pensando alla spesa che tra poco dovrò andare a fare. Spesa priva di frumento. Perchè l'ennesimo dottore di turno mi ha da poco sconvolto le poche certezze che avevo acquisito per quanto riguarda la causa della mia allergia. E allora proviamo anche questa dieta ed eliminiamo pasta, pane, pizza ("Ma dottò, io vivo di pane, pasta e patate; non mi può togliere la pasta!!). Entro in paranoia, come se dovessi andare a fare qualcosa di brutto e doloroso, tipo togliere una carie dal dentista. Entro in paranoia, e devo solo andare a fare la spesa. Entro in paranoia, anche se ancora non ho iniziato la dieta. Ma io sono molto brava a buttarmi giù da sola, molto molto brava. E' che in questo caso si butta giù anche il mio stomaco. Oggi gli ho rifilato solo riso in bianco e yogurt al naturale...
E quella pubblicità diceva "Che mondo sarebbe senza Nutella?". Non so... Io ultimamente sto evitando il cioccolato, e non ci soffro più di tanto.
Più che altro mi chiedo... che mondo sarebbe senza pasta?!
Colgo la palla passata da Onigiri, e mi appresto a scrivere le cinque canzoni che parlano di me. Che parlano di me, in questo momento. Perchè - come ha giustamento specificato Onigiri - magari tra dieci minuti non saranno più le stesse. O potrebbero non esserlo state dieci minuti fa.
Glycerine, dei Bush. Perchè mi ricorda gli anni Novanta. E com'ero io in quegli anni. Perchè è triste al punto giusto da giustificare il fatto che mi piaccia così tanto (e perchè Gavin Rossdale è palesemente un figo).
Stan by me, di Ben E. King. Perchè mi ricorda un film visto centinaia di volte, quand'ero piccola. Perciò mi ricorda di quand'ero piccola (e di come vorrei ancora essere).
Preso blu, dei Subsonica. Perchè della loro musica non posso più fare a meno; perchè corona i ricordi di questi ultimi anni. Perchè - per quanto si tenti di resistere - dopo un po' ci si deve arrende... a un giorno di pioggia... al gusto di pioggia...
I miss you, dei Blink 187. Mi manchi. E chi non sente la mancanza di qualcuno?
Chop Suey, dei System of a Down. Mi capita spesso di ascoltarla, quando sono incazzata. Rende bene l'idea della disperazione.
Detto questo, passo a mia volta la palla a chi di voi volesse e mi appresto a dare la buonanotte. Non vedo l'ora di andare a dormire.
E' la domanda che mi viene posta da una persona che ormai sa quali sono i miei stati d'animo domenicali. E sa che non sempre questi sono positivi.
E invece oggi sto bene. Mi sento bene. Oggi il tempo è dalla mia parte e si può anche fermare qui per un un altro po'. Oggi non ho fretta che arrivi domani. Oggi ho passato una bella giornata e me la voglio godere ancora, anche seduta su questo divano. Basta che rimanga la luce del sole e l'aria fresca. La musica (quella che esce dalla tv e quella che si alterna ad essa uscendo dal mio notebook) e Gilda sono sufficienti a farmi compagnia; adesso. Adesso non ho bisogno di molte altre cose. No, davvero.
Adesso mi sento easy, come la canzone dei R.E.M.* che sto ascoltando. E credo che nulla mi possa turbare, adesso. Nemmeno me stessa.
Una bomba negli occhi e nella testa. Sonno. Tanto sonno.
Domani è già qui, eppure vorrei respingerlo. E dire che nemmeno oggi mi è piaciuto.
Avete mai pensato al fatto che nominare il tempo è un'illusione? Nel momento in cui lo si è nominato è già passato e la nominazione che si era scelta per lui non è già pià valida. Ieri è sempre più l'altro ieri; oggi è ieri, e domani, a ben pensarci è - appunto - già qui; è oggi.
Come si fa a cogliere l'attimo, se l'attimo è già sfuggito?
Il concerto comincia quando la gente inizia a spingere
L'attesa fuori dal Palastampa (anzi, ex Palastampa). Le transenne e le telecamere di All Music. Le 9 e il concerto ancora non è iniziato. Le 9 e un quarto e il concerto ancora non è iniziato. Le luci che si spengono. La gente che fischia. La musica che comincia. Le prime canzoni. Cantare più forte che si può. Applaudire più forte che si può. L'aria che manca. Lo spazio che si restringe. Ballare. Sudore sudore sudore e ancora sudore. Voglia di cantare. Voglia di urlare. Ancora voglia di ballare, echissenefrega se lo spazio è poco, se lo spazio non c'è. Maltratto le mie mani picchiandole forte una contro l'altra, al ritmo dei battiti delle altre mani. E' uno dei suoni che adoro di più: tante mani che creano una melodia insieme. Sudo, e ballo, e canto, e cerco di tenermi in piedi quando si creano onde umane che vanno a destra e a sinistra e s'infrangono poi sul fondo, contro le transenne (contro di me). Gli sguardi. Gli scambi di parole con gli sconosciuti che ballano accanto a te. Le ultime canzoni. E vorrei che questo concerto non finisse mai. I capelli legati alla meno peggio. Le gambe che a fatica reggono. Il mal di schiena. E ancora la voglia di ballare e cantare (con la voce e con la forza che rimane). Il serpentone di persone che si crea per uscire. L'uscita dall'ex Palastampa che sembra durare più dell'intero concerto. Il ritorno a casa della mia ospite torinese in taxi. Il tassista che ha voglia di parlare e noi distrutte che a mala pena riusciamo a rispondergli. Il tassista che ci racconta di quando conosceva il batterista dei Subsonica; di quando conosceva "il buon vecchio Enri". La pizza all'una di notte. Andare a dormire senza lavarsi, ma chi ce la fa?. Sveglia alle 9, doccia e poi via. Oggi esame. Colazione al King Kong Microplex. Ultimo ripasso in biblioteca. Occhi stanchi, occhi che si chiudono, occhi che si vorrebbero chiudere, ma che non possono, perchè si deve studiare. Stomaco che brontola, stomaco che vorrebbe mangiare, ma che non può. Mal di testa che avanza. Le 2 e il professore non arriva. le 2 e un quarto e il professore non è ancora arrivato. Le 2 e mezza e finalmente il professore arriva. Con calma, prof. Ho troppo mal di testa per agitarmi come mio solito. Moment. Mal di testa che passa e agitazione che cresce. Non rendo; non mi sembra di rendere. Eppure l'esame va. E va anche bene. L'ultimo esame. L'ultimo esame di questa carriera universitaria. Dovrei essere contenta. Dovrei?! Massì, che lo sono. Vado in bagno e mentre ci vado ripeto ad alta voce HO FINITO GLI ESAMI, HO FINIYO GLI ESAMI, CAZZO HO FINITO GLI ESAMI!! Sono contenta, sono contenta. Ma c'è anche un po' di nostalgia. E' già nostalgia per quest'univeristà. E per gli anni passati qua dentro. E per tutto. Esco fuori e c'è il sole. C'è il sole e fa caldo. C'era il sole anche prima, ma adesso è diverso. Finire gli esami in un giorno di sole e di caldo. Niente male. E Torino è bella. E' sempre bella. Il sole su Torino pure. Torino, Torino, ancora Torino e sempre Torino. Torino che oggi mi sorride. Torino che mi saluta mentre mi allontano da lei col treno. Torino che ieri sera mi ha regalato un concerto da favola. Torino che mi abbraccia quando mi addormento dentro lei. Torino e me, oggi.
(E mai andare a un concerto se il giorno dopo si ha un esame. Decisamente sconsigliabile*).