i miei pensieri, nell'etere
lunedì 26 gennaio 2009
Il dubbio
Un lungo incessante cadere. Da qualche parte passa un treno. Da qualche parte la pioggia fa rumore, perché va a morire sul tettuccio di una macchina e sull'asfalto, intorno.
Lo senti? Lo senti che sta piovendo?! Lo senti anche tu? O lo sento soltanto io?
Se non ci fossero superifici su cui cadere, la pioggia non avrebbe suono.
Mi guardi come se tu non lo sentissi. Mi guardi come se non ti accorgessi che sta piovendo. Eppure. Piove. Piove sopra di noi. Ci sta piovendo addosso. Non te ne rendi conto?
Ci si accorge della pioggia solo perché fa rumore.
Non mi guardare così, è peggio. E' peggio, se mi guardi così! Ma com'è possibile che tu non te ne accorga? Com'è possibile che solo io mi stia accorgendo che ci piove addosso?!
Senza superfici su cui finire, ci si potrebbe rivolgere alla pioggia con il verbo "cadere"?
Anche un bacio può rovinare la vita. Chi l'ha detto? L'ha detto forse qualcuno? O Forse l'ho pensato io, la prima volta che t'ho baciato. Forse l'ho...
E si baciano. Poi si baciano. E continua a piovere. Fuori continua a piovere. Mentre dentro lo scrosciare regolare della pioggia diventa un suono continuo, quasi un fischio, nelle loro orecchie, nelle loro menti. E si annulla, perché non c'è più nient'altro. Torna a non esserci più altro.
Ed è vero che anche un bacio può rovinare la vita, lo è. Ma non in questo caso. Non è il loro caso. Non c'è pioggia e non c'è rovina, ora, per Mr U e Miss I.



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posted by buИCiA at 21:21 | Permalink | 7 comments
lunedì 19 gennaio 2009
Perossido di idrogeno
Ho un taglio su di un dito; pollice destro. Comincia dove finisce l'unghia. Credo sia lì da un po'. Solo che prima non faceva male. Era solo una spaccatura nella pelle. Adesso, sotto, intravedo un po' di sangue. Se lo tocco fa un po' male. Se maneggio qualcosa, fa un po' male. Prima non lo faceva. E nemmeno ci facevo caso. Nemmeno mi ero quasi accorta che fosse lì. Ora è emerso il dolore. E so della sua esistenza.
Ho un taglio sulla bocca. Al posto della bocca. Lungo e rettilineo. A volte non mi accorgo nemmeno di averla, una bocca. Nemmeno quando sorrido, la do per socontata. Poi capita di tenerla chiusa per un po', un bel po', e mi viene in mente di tutto il tempo che non ho passato a ridere. Allora mi accorgo di averla. Ma è solo quando non rido che mi accorgo della sua presenza.
Ho due tagli sugli occhi. A volte sono talmente spalancati che li chiamo con il loro vero nome; occhi, appunto. Altre volte rimangono così tristemente indefiniti che altro non possono sembrare, se non dei tagli. Sognano di scrutare il mondo e di rimanere il più possibile asciutti. A volte, a forza, ci riescono (a rimanere asciutti). A volte... che facciano quello che vogliono, massì; che facciano quello che vogliono. Tanto è quando non sono abbastanza aperti che mi accorgo di loro. Quando si chiudono e pensano a tutto quello che non c'è. Emergono i sogni. E so della loro esistenza.
Ho mille tagli, su tutto il corpo. Fino a che non si cicatrizzano, saprò di loro. Riuscirò a dimenticarli solo quando mille segni prenderanno il loro posto. Quindi, forse, è inutile stare qui a pensarci. Ci vuole tempo, molto tempo, affinché la pelle si riemargini.



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venerdì 16 gennaio 2009
Perché niente è cambiato, anche se tutto è diverso [fanculo]
 
posted by buИCiA at 01:58 | Permalink | 8 comments
mercoledì 14 gennaio 2009
Fuori è una notte fragile
Ho scalato prima sulla seconda, e poi sulla prima.
Perché non volevo tornare a casa.
Perché volevo pensare.
Ai ristoranti cinesi.
Ai film che fanno lacrimare.
Al tempo che ci vuole per scaldare la macchina.
Al gelo.
Al non sentirsi la faccia adatta.
Al gusto di saliva.
A quanto tempo si può stare così, solo vagando.
Solo vagare.

[Anche infinito. Se solo se ne avesse la forza.]

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posted by buИCiA at 02:19 | Permalink | 10 comments
mercoledì 7 gennaio 2009
Then comes the snow
La sveglia, quella mentale, stamattina suona presto. Con un netto anticipo su quella programmata sul cellulare. Forse è per via dell'urgenza per le varie cose che devo fare nella giornata, forse è per controllare le condizioni metereologiche; non lo so. Fatto sta che sono da poco passate le otto, ed io sono in piedi già da un'ora. La neve, oggi, mi consente - o mi obbliga, dipende dai punti di vista - ad un giorno di riposo in più. Penso che almeno avrò modo di sbrigare quel po' di cose che mi preme fare. Penso che almeno avrò il tempo per pensare.E non sono proprio sicura che la seconda delle possibilità sia un bene, ma non credo di avere via di fuga dalla mia testa. Se almeno nevicasse anche lì, avrei un giorno di riposo anche dai miei strizzamenti di cervello. Ma lì dentro non credo proprio che stia nevicando. C'è un po' di nebbia, tuttalpiù, ma nulla che possa permettere di dichiarare lo stato di calamità naturale. Così continuo a macinare. Una sorta di ruminamento continuo. Ma c'è sempre stato. C'è adesso. E ci sarà, nei secoli dei secoli, amen.
E tuttavia non è così fastidioso, almeno non oggi. Nostalgico, forse, ma non fastidioso. E ci sarebbe ancora tanto da dire. O tanto da non dire? Io scelgo la seconda. E vado. A fare. Qualcosa.




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posted by buИCiA at 08:24 | Permalink | 7 comments
giovedì 1 gennaio 2009
Quando l'ultimo diventa il primo
Tornare a Torino dopo un mese, nel giorno in cui l'ultimo diventa il primo.
Trovarla cambiata. A cominciare dalla stazione. E rimanere come in estasi ai suoi piedi. Con il naso all'insù, come farebbe un bambino nell'osservarla per la prima volta.




Attraversarla cercando di fare attenzione a cogliere ogni minimo particolare; cercando di fare attenzione a respirarla il più possibile.
Starne a guardare le cose...



... e le persone.


Ammirarne i particolari, tutta la storia che c'è intorno. Tutta la storia di cui si fa parte, anche se per breve tempo. La storia di questi luoghi si costruisce anche col proprio sguardo. O, almeno, a me piace pensare che sia così.


Sentire di essere vivi. Magari non sempre e non ovunque. Ma alcune sensazioni sono inevitabili e fanno gustare più e meglio di altre la personificazione del verbo essere. Questo "essere qui e adesso" non sarà facile da dimenticare. Ma, d'altronde, nemmeno lo si vuole.







E poi le pile della macchina fotografica si scaricano. Mi ripropongo, un po' materialmente, per il nuovo anno, di comprarmi una di quelle digitali con le batterie al litio. Perché mi spiace di non poter più fotografare il resto. Non ho modo di fotografare il ritorno. Ma forse è meglio così. I ritorni sono spesso tristi. Ed ora che ci penso, tutto quello che mi serve è qui. Non serve nulla di più. Non serve altro.

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posted by buИCiA at 22:58 | Permalink | 11 comments