i miei pensieri, nell'etere
mercoledì 10 dicembre 2008
A volte serve uno stimolo
Perché non sempre si riesce a trovarlo da soli. Perché a volte serve qualcosa che tiri un po' su... Perché a volte serve qualcuno che ci aiuti a tirarci su. Così oggi Fra mi ha proposto un "esercizio". Mi ha fornito l'incipit di qualcosa e mi ha detto: continua tu; buttaci una storia dentro. E così eccolo qua, il mio stimolo. Mi ha aiutato a passare un po' meglio il pomeriggio; mi ha aiutato a passarlo. Il pezzo in rosso è l'incipit di Fra. Il resto è opera mia.
Et voilà.


Le giornate del cazzo hanno il sapore della neve. Io ho sempre detto che la neve aveva un buon sapore, a discapito di quanti dicessero che non sapesse di nulla. Per quello ho sempre pensato che le giornate del cazzo, alla fine, fossero per me quello che non erano per gli altri: il buon motivo per trovare un senso là dove sembrava non ce ne fosse.


Le giornate del cazzo hanno il sapore della neve. E non osate credere a quelli che dicono che la neve non ha sapore. Perché le cose sono due: o non hanno le papille gustative abbastanza sviluppate per poter esser in grado di coglierne il gusto, o non l’hanno mai assaggiata. Ma io mi domando: come si fa a non aver mai assaggiato la neve? E’ una delle prime cose che si dovrebbero fare da bambini. E’ una delle prime cose che si dovrebbero fare appena si ha acquisito un minimo di equilibrio necessario per poterci sguazzare dentro, alla neve. E’ una delle prime cose che si dovrebbero fare, per poi poterle rimpiangere da grandi, e magari per poterlo fare proprio in una di quelle giornate del cazzo.


Le giornate del cazzo hanno addosso il freddo della neve. Quel freddo bastardo, che non riesci a coprire nemmeno con due coperte addosso, nemmeno con il più caldo dei maglioni che hai nell’armadio; nemmeno con il migliore dei propositi. Io ho sempre detto che anche il freddo aveva un suo motivo d’essere, che non è inutile come si potrebbe pensare. Perché prima di arrivare all’intorpidimento, il freddo serve a mantenere svegli. Perché non ci si può addormentare se si sente freddo. Perché è lo stimolo a correre, quando tutto intorno sembra essere fermo e sembra volerti portare allo stesso stato, all’immobilità. C’è quell’attimo, quell’attimo prima di perdere la sensibilità alle dita dei piedi e poi delle mani, quello, quell’attimo è l’attimo cruciale: quello in cui puoi cambiare le cose. E puoi sperare di riuscire ad arrivare dentro, al caldo, prima che la circolazione sanguigna rallenti ancora, ancora un po’. O puoi cominciare a renderti conto che non hai la forza per correre e metterti in salvo. Ecco a cosa serve il freddo. A capire.


Le giornate del cazzo hanno il freddo della mancanza. Quella mancanza assurda che senti delle persone quando non le hai vicine, o non le hai vicine abbastanza. Quella percezione di assenza che è talmente forte da farti cadere ogni difesa e da fartene fregare se sembrerai debole quando pronuncerai un paio di parole. Mi manchi. E’ una delle cose più semplici da dire, e così difficile, eppure. Perché se dico che mi manchi significa che avverto la tua assenza, che non ci sei, o non ci sei abbastanza. E la consapevolezza non sempre è una virtù. Dio, beata ignoranza.


Le giornate del cazzo hanno il grigio dell’oscurità. Di quel buio che fuori non è ancora arrivato, ma l’essere del quale è una certezza. Hanno il grigio di quell’oscurità che è già all’interno di questa stanza, nonostante la luce accesa e i vetri sui muri che si affacciano di fuori. E’ il grigio di quando tutto è buio e si ha paura di quello che non si vede, di quello che non si riesce a vedere. E allora si tengono gli occhi spalancati, sperando nel senso dell’istinto e del tatto. Continua ad essere tutto buio, ma dopo un po’ gli occhi si abituano a vedere. Ti accorgi che forse quello che non c’è, o quello che sembra non esserci, non fa più così paura. Forse, riesci anche a muoverti, in quel buio. Basta essere previdenti. Basta mettere le mani avanti.


Le giornate del cazzo hanno l’odore della neve. Io ho sempre detto che la neve aveva un buon odore, a discapito di quanti dicessero che non profumasse di nulla. E non osate credere a chi sostiene questo, a chi non ha olfatto abbastanza fine da poterne respirare la fragranza o da chi non abbia mai provato a farlo. Nonostante tutto, io ho sempre pensato che le giornate del cazzo, alla fine, fossero per me quello che non erano per gli altri. Un sapore. Una sensazione. Una presa di coscienza. Una tonalità. Un’estensione del tessuto dei polmoni. Anche una cosa qualsiasi. Perché non è detto che non si possa trovare un senso in una cosa qualsiasi. Non è detto che non lo si possa trovare anche in un giorno del cazzo. Non osate credere in chi dice il contrario.





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posted by buИCiA at 22:57 | Permalink |


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